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Sanremo & Trash (in memoria di Lollipop e “Batteforte”): Sanremo Trashissimo

di Profano & Trash

Dopo essere state salutate come la risposta italiota alle Spice Girls –  con qualche anno di ritardo perché noi siamo sempre indietro anche nel trash (forse) –  le cinque vincitrici del programma di Italia Uno, Popstar, pensarono bene di giocarsi la carta sanremese. Il 2001, l’anno precedente, era stata un’annata magica per le aspiranti divette della musica pop, le Lollipop, (ovvero lecca lecca nome d’arte che vieta di andare oltre nel trash), “Down down down” era stata per settimane al primo posto della classifica fimi e il loro disco d’esordio procedeva bene in classifica. Dunque perché non andare a Sanremo? Fu la fine della loro carriera – non che ci aspettassimo durasse decenni, ma neanche fosse così breve. Tra coreografie da villaggio turistico, una melodia di infima categoria a cui confronto Jam e le Hologram sono le Bananarama, una performance imbarazzante con stonature e stecche mica da ridere sembrava di assistere a un karaoke di cinque adolescenti alticce e non alla gara dell’Ariston. Poi uno ci pensa meglio e scopre che stavano proprio al posto giusto. Il nostro requiem trash di oggi è tutto per loro. E batteforte. E inesorabile. Citando il pezzo con cui misero fine ai loro sogni di popstar. Ma d’altronde Sanremo segna l’inizio e la fine di tante carriere.


Resoconto sul trashume di Sanremo 2024.

John Travolta, no! Come si fa a sprecare l’occasione di intervistare il divo di “Pulp Fiction” e “La febbre del sabato sera” con domande così? Eppure Amadeus c’è riuscito. Mandando al diavolo una grande occasione. Quella di avere una star di Hollywood e farla conoscere meglio al pubblico italiano facendogli conoscere meglio anche gli italiani e non facendoli passare come saltimbanchi proni al sogno americano. Far ballare a Travolta – visibilmente contrariato- il ballo del qua qua più che una scelta trash ci è apparso inopportuno; a quanto pare l’attore, anche giustamente, non ha firmato la liberatoria per l’utilizzo ulteriore di questo triste siparietto di televisione italiana. Che figura di m…a!!! Certo anche le scarpe….

Mahmood sei bello, anzi bono, bravo, simpatico nin zó, (direbbe la bonanima di Martufello), ma chi ti veste? A metà strada tra Liza Minelli ai tempi di certe sue esibizioni degli anni ’80 e Guesh Patti meteora degli anni ’80 – che non sia un caso? Mahmood che non ama definirsi perché si dice libero – ma per noi è solo uno un po’ opportunista che ammicca al femminile come Damiano dei Maneskin con il risultato che quest’ultimo da donna si veste meglio di lui, e a dirla tutta anche certe comari di paese del profondo sud hanno buongusto nel vestire rispetto alla popstar italiana. Nek e Renga che portano una canzone dal sapore seventies non malvagia, risultano fiacchi nella loro performance, due impiegati degli uffici postali saprebbero trascinare meglio il pubblico del teatro – rimpiango il duo Little Tony e Bobby Solo che a Sanremo 2003 portarono un pezzo trashissimo, “Non si cresce mai” che divertì parecchio gli spettatori dell’Ariston. Forse questi due ragazzoni della musica italiana – parlo sempre di Nek e Francesco Renga e non dei due elvis presley italiani-  dovrebbero ridere un po’ di più di sé stessi e prendersi meno sul serio. Non dico che debbano mettersi in ridicolo ma neanche sembrare due impiegati, sono pur sempre artisti o così è se vi pare. Il Volo – sempre nei nostri cuori – presentati da un’artista urban come Rose Villain è pura bestemmia. Come se Beyonce presentasse i Cugini di Campagna ai Super Bowl. Alla prossima amici profani & trash.

 

 

(8 febbraio 2024)

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