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“Se lo Stato non fa vivere la carta costituzionale e non rispetta le sue stesse leggi” è “Nondemocrazia”: intervista a Mario Barbaro

di Ennio Trinell

Mario Barbaro ha scritto un libro molto interessante, di veloce e facile lettura, dal titolo Non Democraziail sistema in cui viviamo dipende solo da noi, reperibile anche online che è una specie di manuale dei perché e dei percome a forza di accontentarci della spiegazione più facile, dello slogan più becero e del politico che scambia il Parlamento per il suo palcoscenico privato, ci siamo trovati dove siamo. Siccome Barbaro, esponente del Partito Radicale Nonviolento Transnazional e Transpartito, della cui Segreteria fa parte, attentissimo alle tematiche sociali, offre con questa sua opera breve, ma intensa, senza fronzoli e di rara agilità lessicale, una traduzione molto libera da uomo libero degli importanti fenomeni che stiamo vivendo che ci vengono spacciati come virtuali, ma che sono la spina dorsale di una democrazia sana.

Nostra intervista.

Colpisce nel suo libro il parallelo che lei sottopone ai lettori tra carceri e vita democratica, può approfondirlo per lettrici e lettori?
Il libro, che intende essere uno strumento utile a riflettere sulla democrazia, tratta diverse tematiche. Una di queste è il tema del carcere. È un tema strettamente connesso alla vita democratica. Il carcere rappresenta la punta dell’iceberg rispetto alle problematiche più generali afferenti alla giustizia. Se lo Stato non fa vivere la carta costituzionale e non rispetta le sue stesse leggi diventa difficile chiederne il rispetto per tutti i cittadini. Penso al sovraffollamento o a tutti coloro che sono in carcere, tanti… troppi… ancora in attesa di giudizio e senza condanne definitive. Penso alle finalità di reinserimento nella società dei condannati. A ciò si aggiungono gli errori giudiziari ancora tanti, troppi nel nostro paese e la lentezza del sistema giudiziario. Per una piena democrazia occorre garantire tutto questo per ogni cittadino. Un sistema che funziona significa anche abbattere la recidiva. Ma in generale il tema del carcere sono del parere che andrebbe affrontato con riforme profonde.

Cosa significa, per lei, avere consapevolezza della democrazia quando non si è conosciuto per buone circostanze nessun’altra forma di governo?
Io credo che occorra lavorare per incrementare la cultura democratica in Italia e all’estero. Farlo ad iniziare dalle scuole. Il libro consente anche un salto nel passato. Sono citati i pensieri di alcuni grandi pensatori con messaggi tuttora attuali. Anzi, di un’attualità disarmante direi. Troppo spesso il pensiero dominante è inquinato da propaganda più o meno interessata. C’è una differenza abissale tra il vivere in una democrazia, seppure imperfetta, rispetto al vivere sotto un regime più o meno totalitario. Di questo non c’è molta consapevolezza o perlomeno meno di quella che dovrebbe esserci.

E’ potente lo scontro tra chi è vittima/carnefice di patriarcato e nega il patriarcato, e chi è vittima del patriarcato da parte di chi ne nega l’esistenza. Lei come la vede?
Nel volume si trattano aspetti che si riferiscono alla democrazia a partire dalle sue fondamenta. Il resto dovrebbe essere costruito ed emergere da confronto democratico che poggi su basi solide di informazione e conoscenza. Sul “patriarcato” è stato detto un po’ tutto e anche oltre e magari occorrerebbero meno slogan. Puntare sulla cultura e sul rispetto e sulla parità di ogni essere umano è fondamentale. Alcuni casi di cronaca molto gravi possono diventare in qualche caso occasione di “caciara” e strumentalizzazione. Personalmente credo che possa esistere anche un disagio che magari non necessariamente è figlio del patriarcato, per come viene definito, ma che può sfociare purtroppo in atti criminali anche molto gravi per alcuni soggetti. Occorre puntare ad una parità di genere effettiva che punti alla possibilità di autodeterminazione di ogni individuo.

Nel suo libro “Non Democrazia” (che consigliamo) lei scrive: “Le nazioni che hanno una tradizione democratica e dunque una certa storia e determinate origini, sono le più solide dal punto di vista della tutela e della preservazione dei valori democratici”. E’ vero anche oggi?
Si, direi che è vero soprattutto oggi.

Perché?
Penso al mondo anglosassone. Anche gli Stati Uniti che, a mio modo di vedere, non sembrano esprimere chissà quali personalità del mondo politico ai vertici, sono comunque una democrazia. Infatti le armi all’Ucraina sono oggetto di critiche e di stop anche a livello parlamentare. Non credo che Putin o la Corea del Nord abbiano di questi problemi di consenso. Su questo le democrazie appaiono vulnerabili. Vale anche per Israele, unica democrazia in medio oriente. Si può essere critici con Israele e con Netanyahu. È possibile manifestare in Israele contro il proprio governo. Questo non è possibile invece farlo laddove mancano i più elementari standard di democrazia, ovvero tutto il resto del medio oriente.

Come vede la proposta sul cosiddetto “premierato”?
Una proposta figlia di questi tempi bui. Ormai la Costituzione e le sue garanzie sono profondamente minate dalle ultime modifiche, come quella del recente taglio dei parlamentari. Il volume tratta questi aspetti. Oggi potremmo ovviare al tema della governabilità con una legge ordinaria, ovvero quella elettorale. Più volte i cittadini avevano indicato anche con i referendum la preferenza per un sistema maggioritario uninominale. Quella legge elettorale potrebbe piacere ai cittadini, meno ai partiti. E quindi per restituire governabilità si pensa di stravolgere ancora la Costituzione ma non si consente ai cittadini di scegliere in via diretta chi li rappresenta. Poi, penso ad altri importanti rischi, che sono trattati nel volume.

Per dirla con un eufemismo ci sembra che regni una grande confusione tra valori democratici e fare solo quello che si vuole. Quanta responsabilità ha la politica?
Karl Popper che pure era liberale sosteneva che “la libertà assoluta è un nonsenso”. E che questo vale per il mercato e per ogni altra cosa. Occorrono invece basi democratiche solide che evitino l’accentramento dei poteri. Siamo tutti noi la politica. Noi dovremmo occuparci di tutto questo.

Sotto questo cielo perché un cittadino dovrebbe fidarsi della (o occuparsi di) politica?
Ralph Nader diceva “non ti occupi di politica ma la politica si occupa di te”. Ecco, non si potrebbe dire meglio.

Perché il potere prevalentemente maschile che ancora regna sotto il sole sembra più preoccupato del marcamento del territorio piuttosto che di trovare soluzioni reali? Soluzioni?
L’Agenda 2030 delle Nazioni Unite si occupa di queste tematiche che sono inserite nei temi di sostenibilità sociale e quindi un certo discorso in questo senso è avviato, seppure con tutte le difficoltà. Con distinguo, in quanto buona parte dei paesi dell’ONU è retta da regimi dittatoriali e questo è un problema non di poco conto. Ci sono paesi che non hanno nemmeno lontanamente la concezione del rispetto dell’individuo, figuriamoci tematiche di genere. Anzi in molte realtà proprio le donne sono quelle che subiscono le peggiori vessazioni. Magari, in futuro, i paesi democratici se si organizzeranno (penso all’organizzazione Mondiale delle democrazie) potranno meglio progredire su questa e altre tematiche di sostenibilità. Parallelamente penso che la leva culturale su questi aspetti ma anche su quelli più di base che riguardano la democrazia sia la via per porre gli “anticorpi necessari” al fine di aumentare il necessario controllo del potere che rappresenta la vera garanzia per ogni cittadino.

 

(25 marzo 2024)

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