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“Reddito Revolution”, quale revolution ancora non si sa

di Andrea Natale

Il reddito di cittadinanza, che è stato “inventato” nel 2019, forse più per acchiappare voti che per aiutare davvero le persone in difficoltà, subirà diversi cambiamenti a partire dal mese di settembre 2023 o comunque entro la fine dell’anno.

Il Reddito di cittadinanza in realtà riprendeva, modificandole, misure già esistenti. Nel 2016 esisteva il SIA sistema di Inclusione attiva, rimpiazzato nel 2018 dal REI, reddito di Inclusione. Queste misure hanno avuto costi diversi per lo Stato. La SIA costava un miliardo all’anno, il Reddito di cittadinanza ben 8 miliardi. Con la versione su cui si sta lavorando si vorrebbe tornare a un costo più contenuto, modificando il tetto Isee.

La nuova formula assistenziale sarà chiamata con l’acronimo MIA, ovvero Misura d’inclusione attiva. O forse GIA, Gestione per l’inclusione attiva. Un passo avanti o un passo indietro? Perlomeno con le parole pare un passo indietro.

C’è ancora molta confusione su questo argomento, dal Ministero del lavoro al momento non è stato deciso definitivamente nulla. Cambieranno i requisiti. Ad usufruirne saranno diverse categorie. Componenti di famiglie povere con o senza persone occupabili, single. Nel primo caso all’interno del nucleo familiare ci dovranno essere almeno un figlio minorenne, oppure un over sessanta o un disabile. Nella seconda tipologia, dovrà essere presente almeno un soggetto tra i diciotto e i sessant’anni d’età.

Un single in condizioni di lavorare che attualmente percepiva 500 euro ne riceverà 375, a meno che non si tratti di un over sessanta o di un disabile.

Ma chi sono esattamente gli “occupabili”? Non si sa nemmeno questo. E neppure cosa s’intenderà per offerta “congrua” di un posto, difficile dunque capire se chi prenderà il sussidio potrà rifiutare o meno le offerte lavorative proposte.

Gli inoccupati che attualmente usufruiscono del reddito, potranno fare richiesta per accedere a questa nuova misura di sostegno, però l’importo economico e la durata saranno inferiori. Per quanto riguarda la durata non è ancora stata stabilita con esattezza. Nulla di veramente concreto è stato fatto per quanto riguarda il vero problema strutturale ieri come oggi, ovvero offrire solide e pertinenti offerte di lavoro agli occupabili. Emerge la solita superficialità progettuale, si copia ciò che viene fatto in Europa, male. L’Italia è un Paese vecchio, non competitivo, spesso infatti i corsi formativi non creano nessun collegamento stabile con il mondo del lavoro.

Gli utilizzatori principali del reddito attuale sono compresi nella fascia tra i trentacinque e i quarant’anni. Queste persone prevalentemente non hanno fatto corsi di formazione, in quanto alla ricerca urgente di un posto di lavoro che molto spesso purtroppo non hanno trovato.

Le competenze e le capacità di queste persone non sono state considerate, basti pensare ad un esempio, laureati in lettere sono stati convocati per andare a svolgere lavori stagionali nei campi, unica offerta di lavoro in cinque anni. E i casi come questo sono molteplici. I centri per l’impiego si dimostrano sempre più inadeguati, sono pochi e andrebbero potenziati. Dicono che ci sarà una banca dati digitale per mettere in contatto imprese e occupabili, potrebbero arrivare forse anche degli incentivi alle aziende (esonero dei contributi fino a due anni) per le assunzioni dei componenti di questa generazione sfortunata. Tra il dire e il fare non possiamo far altro che aspettare.

 

 

(9 marzo 2023)

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