di Silvia Morganti
Boomerissima è il nuovo format targato Rai in onda il martedì su Rai2.
Da comunicato stampa “Boomerissima” promette di regalare momenti pieni di emozioni, alternando, in un clima di festa, il racconto amarcord dei personaggi, della musica, dei programmi tv, delle mode e in generale del costume degli anni ’80, ’90 e 2000, a divertenti quanto originali sfide tra due generazioni e due epoche diverse di celebrità, basate sulla scia dei ricordi. Obiettivo: cercare di superare al meglio tutti i match previsti nel corso della serata, dimostrando che i propri anni sono i più emozionanti [sic] e, di conseguenza, i più meritevoli di vittoria.”
Le squadre che si sono sfidate nella seconda puntata del 17 gennaio erano composte da: Alexia (classe ’67), Paolo Ciavarro (classe ’91), Katia Follesa (classe ’76), Maurizio Lastrico (classe ’79), Pierpaolo Pretelli (classe ’90), Elena Santarelli (classe ’81), Giulia Stabile (classe 2002) ed Ema Stokholma (classe ’83).
Da questa lista di ospiti si evince però che le generazioni chiamate a sfidarsi siano in realtà quattro:
I Baby Boomer cioè i nati tra il 1946 e il 1964, figli della Silent Generation. Statisticamente hanno avuto successo nel crearsi un avvenire trovando un buon impiego, comprando una casa, mantenendo dignitosamente la famiglia e percependo la pensione. Per questo sono tendenzialmente ottimisti, fiduciosi e idealisti. Usano il telefono e fruiscono principalmente di contenuti televisivi.
La Generazione X comprende i nati tra il 1965 e il 1979. Si è parlato di “generazione invisibile” priva di un’identità sociale definita (da qui la“X”). Sono cresciuti nell’ombra del trionfante esempio della generazione precedente e per questo sono tendenzialmente disillusi, anche se conservano una forte dose di pragmatismo. Generazione ignorata che ha dovuto affrontare sfide a cui non era del tutto preparata come, ad esempio, la globalizzazione. Per comunicare utilizza prevalentemente le email, naviga molto in internet e fruisce molti contenuti online.
I Millennials sono i nati tra il 1980 e il 1994. Sono individualisti e perfettamente consapevoli del proprio potenziale. Condividono case, mezzi di trasporto e la loro vita sui social network. Nel 2014, la rivista Time li ha etichettati come la “Generazione me-me-me”.
Appartengono invece alla Generazione Z i nati tra il 1995 e il 2012. Cresciuti con la tecnologia, la usano per connettersi agli altri in modi nuovi. Sono globali, aperti, appassionati, solidali.
Adesso spegniamo tutti i dispositivi e guardiamo fuori.
Il mondo gira sempre più velocemente e i cambi generazionali, di conseguenza, sono più frequenti. I giovani (quelli veri) devono confrontarsi con sfide ed urgenze sempre nuove e diverse. Gliene viene dato carico e non si tirano indietro. Anche se guardati a vista, accusati e giudicati – da coloro che avrebbero dovuto passare il testimone già da tempo, i boomers. Che non solo non si “schiodano” dalle proprie poltrone, ma si creano uno scranno dal quale dissentono continuamente sulle modalità di protesta delle nuove generazioni. Proprio loro che sono la causa di queste crisi.
I giovani non si fermano, lottano per sè stessi e i posteri, non si scoraggiano di fronte allaa guerra e il disastro ecologico che stanno vivendo. Non si girano dall’altra parte. E manifestano cercando di scuotere le coscienze, di evidenziare problemi noti. Lo fanno pacificamente con (ricordiamo il recente sit-in contro l’espansione di una miniera di carbone a cielo aperto nel villaggio di Lützerath) e provocatoriamente (lancio di vernice lavabile su “pareti importanti”). Ma anche questo non è tollerato o tollerabile. Ma ce le ricordiamo le manifestazioni studentesche degli anni ‘60/’70 cari boomers o no?
Quindi a conti fatti si direbbe che il problema non sia la modalità di protesta, ma la mancanza di volontà nella risoluzione di questi problemi. Forse.
E se provassimo a cambiare schema? Se provassimo a portarli all’interno di quello schermo? I giovani dico. Quelli veri. Quella Generazione Z che dalle imprese si aspetta un maggior impegno per cambiare il mondo perché particolarmente attenta all’ambiente e alla sostenibilità. Se provassimo ad ascoltare quei giovani che vogliono una distribuzione equa della ricchezza, che vogliono fermare la precarizzazione del lavoro, che ambiscono ad una economia più cooperativa?
Io dico che, forse, siamo pronti a fare a meno di un po’ (troppi) momenti nostalgici e affrontare la realtà. E nel caso in cui non lo fossimo, la tv dovrà tornare alle origini, alla sua essenza di strumento di educazione, informazione e intrattenimento. E allora forza Mamma Rai, educa i molti e informa i troppi sul fatto che non siamo più un paese di e per vecchi. Anche perché un paese di e per vecchi non ce lo possiamo più permettere.
(20 gennaio 2023)
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