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La TV di Stato e gli Italiani non amano i giovani

di Giuseppe Sciarra

Il più grande intellettuale del ‘900, Pier Paolo Pasolini diceva che il mezzo televisivo andava abolito perché non si trattava di uno strumento di insegnamento pedagogico finalizzato a migliorare il popolo quanto di un modello imposto e insidioso a cui lo spettatore faceva riferimento venendone inevitabilmente influenzato. “E se i modelli erano quelli proposti dalla tv”, asseriva Pasolini, “come si poteva pretendere che la gioventù più esposta e più indifesa non fosse di conseguenza criminaloide e criminale?”. Il regista di capolavori come “Accattone” e “Mamma Roma” riteneva la televisione più pericolosa della guerra in Vietnam. “É pernicioso e irriducibile il suo paternalismo, la falsa democrazia, il moralismo, il voler considerare tutti gli spettatori piccolo borghesi, ignorando che in Italia ci sono anche i contadini, gli operai, gli intellettuali e soprattutto le persone intelligenti”, dichiarò provocatoriamente lo scrittore friulano in aperto e netto contrasto col potere del mezzo televisivo (e di chi ci campava).

A distanza di più di quarant’anni dalla morte di una delle figure più coraggiose e perseguitate del nostro paese la situazione del medium televisione è piuttosto complessa e insidiosa, chissà cosa direbbe Pasolini di fronte a tutto questo – forse come dicono alcuni si sarebbe tolto la vita nel vedere il degrado culturale e umano di questi anni. Alla fine la tv, soprattutto quella commerciale, è riuscita nella sua impresa: ha imborghesito il pubblico attraverso un’americanizzazione dei media dove siamo stati convinti di essere tutti uguali attraverso il consumismo più becero e l’assunzione di modelli usa e getta incentrati sull’immagine, sui soldi o sulla costruzione di personaggi vacui, insignificanti e ignoranti. Una macchina infernale che ha contribuito all’abbassamento dell’istruzione, all’allontanamento di molti giovani dalla politica e dalle rivendicazioni sociali, a favore di una mentalità in cui ciascun essere umano è un prodotto, il cui scopo e la cui ascesa sociale è determinata dal gradimento del mondo esterno basato sullo stereotipo che rappresenta e non sul suo valore umano e intellettuale reale.

Negli ultimi anni il rapporto tra televisione e giovani è drasticamente cambiato. Mai come oggi i ragazzi e le ragazze vengono marginalizzati e poco considerati, non solo dal mezzo televisivo ma dalla società italiana (leggasi politica) che inibisce le ultime generazioni non dandogli spazio sufficiente nel tessuto sociale e tardando il loro ingresso nel mondo del lavoro, inoltre la generazione z sul piano politico vale ben poco e ha spazi ridotti e contentini risibili (oltre a un sacco di denunce). Pasolini resterebbe atterrito da come i giovani restino inascoltati e da come venga loro impedito di avere voce in capitolo nei cambiamenti del paese; occorrerebbe un altro ’68, più radicale (e meno scenografico mi verrebbe da dire) e probabilmente questa non è solo un desiderio utopistico ma una visione che potrebbe rivelarsi reale più in là.

L’avvento delle piattaforme, della tv on demand e di internet ha sicuramente destabilizzato la tv riducendo in maniera esponenziale i suoi ascolti. I giovani guardano poco la televisione e preferiscono Netflix, Prime oppure ciò che propone il variegato universo di Twich e Youtube dove gente comune propone i propri format fai-da-te, (un po’ come avveniva negli anni settanta con le radio private), decisamente più interessanti e giovanili di certi programmi triti, ritriti e anacronistici dove la gioventù non viene nemmeno contemplata se non sullo sfondo.

Attualmente, dati alla mano, guardano la televisione principalmente persone adulte e anziane poco avvezze alla tecnologia e non c’è la volontà dei dirigenti televisivi di attirare un altro tipo di pubblico, se non quella piccola fetta di giovani che va dietro [sic] i reality e i programmi di gossip, ma che sono davvero una minoranza rispetto al resto dei loro coetanei che ama passare il tempo su Tik Tok e Instagram. Effettivamente la guerra contro questi titani non è semplice e la tv è destinata a perdere in partenza, visto il loro potere schiacciante, però i dirigenti potrebbero fare degli sforzi per attirare di più i giovani, invece è come se si fosse rinunciato a loro e si preferisse agguantarli in altri modi scendendo a compromessi col web (o zittirli al grido di chi se ne frega del web).

Che la televisione dunque si sia rassegnata a agguantare i giovani coi suoi programmi di punta attraverso Internet e rinunciando a una fetta di pubblico? Probabilmente si. Però c’è un ma. I nostri anziani non dureranno per sempre. Cosa succederà nel momento in cui ci sarà un ricambio generazionale? Come si svecchierà una televisione stantìa che almeno per quanto riguarda le reti commerciali propone da vent’anni i soliti format? Ai posteri l’ardua sentenza. Se ci fosse ancora Pasolini… (anche se oggi avrebbe 100 anni e forse non avrebbe più la forza di farsi sentire).

 

 

(23 gennaio 2023)

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