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Requiem della politica italiana (e dies Irae dei cittadini)

di Giuseppe Sciarra

Socrate, il grande filosofo greco (non ha bisogno di presentazioni o forse sì, visto il livello culturale italico), profeta del mondo classico, diceva ai suoi allievi come la pizia dell’oracolo di Delfi: “Conosci te stesso”; è il solo modo per conoscere la verità dell’animo umano e fare scelte coerenti col proprio sé più profondo. La verità della politica italiana è un sentiero irto di pietre e carboni ardenti, intrighi e giochi di potere di una corte di Versailles meno raffinata, meno profumata, e in bilico tra il pecoreccio e visioni più radical-snob, la verità degli italiani a sua volta è ben censurata da un livello culturale inghiottito da un’ignoranza imbarazzante (i dati Istat degli ultimi anni parlano da sé) e fagocitata dai media generalisti, da certa chiesa da (poco) santa inquisizione e dai pesanti tagli all’istruzione degli ultimi anni.

La conoscenza di se stessi passa per l’esperienza di vita, ma anche attraverso la cultura e la cultura italiana vive il suo periodo peggiore. L’istruzione è una ricchezza. Gli illuministi ci hanno fatto una rivoluzione e i francesi (che vi siano simpatici o no) si guardano bene dal rinunciarvi al potere della cultura come mezzo di affermazione di se stessi, dei loro diritti e come controffensiva a un potere politico che trarrebbe i propri vantaggi dall’ignoranza di un popolo.

Questa manfrina è necessaria per spiegare la tragedia che affligge gli italiani dagli anni novanta, precisamente dal 1992, anno di Tangentopoli e delle stragi di Capaci e via d’Amelio; da lì in poi gli elettori italiani hanno perso totalmente fiducia verso una classe politica mendace che per anni ha permesso (ignorato?) i finanziamenti illeciti ai partiti senza accorgersi che si era spezzato un legame che sembrava indissolubile e che affidava a politici come Berlinguer o Almirante le proprie speranze e battaglie. L’elettorato colto si è schierato senza troppa convinzione verso una sinistra più vicina alla classe media (o medio alta o  quel che ne resta) che al popolo, mentre quello populista, di volta in volta è andato inseguendo una destra gridaiola che faceva il verso e la parodia ai repubblicani americani e al liberismo più sfrenato. Così… una fetta consistente di elettorato si è stancata di votare e di anno in anno quella fetta è diventata sempre più consistente: totale non votanti nell’anno domini 2022, 18 milioni.

L’allontanamento della politica da parte di molti italiani è dovuto alla disillusione verso le istituzioni e all’intima convinzione che nulla cambierà, ma è innegabile che molti dei mie concittadini non abbiano interesse per la politica né da destra e né da sinistra perché finiti nella spirale e nell’inganno dell’economia dell’apparenza, di un consumismo che acceca qualsiasi ideale in nome dell’abito firmato, dei bei pettorali e del filler giusto (tutto ciò si traduce con buona parte del paese più concentrata verso i battibecchi della casa del Grande Fratello che delle magagne di Palazzo Chigi).

Dunque se troppi italiani sono inebetiti da anni e anni di baracconate e volgarità propinate dai media e da un mondo esterno che vede la cultura come qualcosa quasi di sorpassato, perché ci meravigliamo se un partito di estrema destra come Fratelli di Italia governa il paese grazie ai voti degli italiani? Chi ci rappresenta, rappresenta ciò che resta degli elettori: idee anacronistiche, ideali che hanno una nicchia di gente che li segue e politici poco interessati al proprio paese (pardon patria) e più propensi a erigere muri invisibili attorno a visibilissimi regni e feudi.

Con un clima del genere la politica vera è morta lasciando spazio a showman e showgirl, guitti e starlette che zompettando da uno studio tivù all’altro, fanno il verso o la parodia ai politici che li hanno preceduti (compresi i dittatori) che almeno sapevano come si scrive “impiegato” (non come certi presidenti della Camera di oggi).

Siamo dunque arrivati al periodo peggiore della storia della democrazia, al terzo decennio di un lungo sonno dal quale gli italiani non sembrano svegliarsi e che negli anni settanta, decennio di battaglie e rivoluzioni parziali, mai ci si sarebbe aspettati di vivere (né molti di quei rivoluzionari si sarebbero aspettati di diventare il tappo del cambiamento). Eppure la speranza è l’ultima a morire e se proprio non in Italia, altrove qualcosa cambierà, a cominciare dagli elettori e da chi si è svegliato dal dolce e crudele inganno della società dei consumi e dei privilegi (non certo i vostri).

 

 

(17 ottobre 2022)

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