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Maria Antonietta e lo sguardo di Dio di Pentland (il teorico dell’egemonia della sorveglianza)

di Vanni Sgaravatti

Invoca, nel suo libro sulla fisica sociale, “l’influenza sociale” per convincere sulla bontà ideale del reciproco controllo di popolazioni (non più società), statistiche (non più significato), computazione (non più la legge). Propone non più classificazioni sociali, come stipendio, lavoro o cose del genere, ma stratificazioni sociali basate su pattern di comportamenti.

Pentland fa rinascere la scienza delle comunità di Skinner. Niente più classi o mercato, né più una visione di noi stessi come persone che riflettono e decidono in modo ponderato, nessun dibattito politico razionale, né dibattiti faccia a faccia per imporre propri valori, ma cose, persone e soprattutto dinamiche relazioni trattate come oggetti interconnessi.

Questo è il costo da pagare, per avere, parliamoci chiaro, enormi vantaggi individuali (ieri sono stato in posta e ho fatto un viaggio nella burocrazia anni ’70), che comportano, a livello teorico e senza immaginare i conflitti con chi non capisce questo mondo, maggiore benessere individuale, maggiori voti per chi cavalca certe soluzioni o governa con quelle soluzioni. Niente male, nel concreto, non è vero? Se Faust propone un patto lo fa con uno scambio molto attrattivo per le parti, non credete? Solo l’ideologia può farci osservare quel patto da un altro punto di vista. Solo l’ideologia può farci sopportare rinunce alle promesse del benessere al breve, per un mondo migliore a lungo termine. Solo l’ideologia, se nostra e partecipata può dare fiducia a promesse di un mondo migliore, perché è la nostra ideologia e non quella di altri. Ed è proprio quella ideologia che ha fatto stragi di innocenti nel secolo scorso.

Si dice, infatti, che la destra italiana mostri due facce: quella di governo e quella dura dei patrioti nazionalisti. Ma le due facce hanno un’origine più profonda. La faccia della governabilità, quella che va a patti con i sistemi moderni di gestione del potere e di distribuzione di benefici a breve e la faccia della resistenza agli effetti della globalizzazione digitale, quella che ritrova le parole note e conosciute che hanno mobilitato identità e passioni sanguinarie nel secolo scorso: Dio, patria, famiglia.

E come al solito, per riprendere la prima parola della triade, Dio viene tirato per la giacca dagli umani, come dimensione salvifica perché da una visione morale universale che permetta quella fratellanza, unica dimensione che permetta una democrazia e come porta bandiera di parti in lotta per ritornare a tempi ancora più “passati”, quello delle crociate. Anche se, a dire il vero, se penso all’Italia, questa immagine, mi fa venire in mente più Brancaleone, che Aguirre furore di Dio. Ma tornando a Portland, che dice, a proposito del digitale: “speriamo che dal punto di vista sociale potremo usare questa nuova profonda comprensione del comportamento individuale per rendere più efficienti e ricettivi governo e imprese. Per quanto riguarda i singoli individui, saranno attratti da un mondo dove tutto è pensato per la loro comodità: il check up medico viene magicamente prenotato quando cominci a star male, il bus arriva quando sei appena giunto alla fermata e negli uffici del Comune non c’è mai la fila. Tutte queste nuove abilità saranno perfezionate usando modelli statistici e sensori più sofisticati e allora potremo assistere davvero alla nascita di una scienza predittiva e quantitativa delle organizzazioni umane e della società”.


Il vero senso dell’egemonia occidentale

Quello che c’è di occidentale nella egemonia che viviamo è il perfezionamento di strumenti digitali e le tecniche di influenza sociale (la Cina non ha bisogno, per applicarle, nel dare punteggi a bravi cittadini).

Ed ecco perché sono amareggiato per la reciproca incomprensione, quando si paragona l’egemonia violenta del capitalismo oligarchico di stato novecentesco di Putin, con… Biden, come fosse lui in carne e ossa l’altro diavolo (e non lo è, non perché è buono, ma perché sta in un altro sistema decisionale), oppure ricordando eventi del secolo passato di invasioni occidentali violente, tanto lontani, rispetto alla realtà contemporanea, da essere più vicini alla guerra dell’oppio dei britannici in Cina che a noi. Invece di fare pari e patta tra le diverse egemonie, mi interessa riflettere come da noi basta molto meno per convincerci alla bontà del nostro sistema (pensiamo a tutti i convegni a Bologna sulle smart city) con vantaggi individuali.

Promettono maggiore certezza, nessuna fila alla sanità, gli autobus pronti quando li cerchi, nessuna fila in burocrazia, nessun bisogno di trattative legali, così ti puoi dedicare alla tua vita quotidiana. Quale vita quotidiana?

Ricordo le facce incredule, sprezzanti al sentire parole sul ruolo della politica culturale, da intendere come una serie di strumenti che forniscano di significati le iniziative, politiche appunto, al di là dei bisogni individuali degli elettori. Queste erano definite chiacchiere, solo filosofia per intellettuali mangia pane a tradimento”, da parte di rappresentanti politici o di imprese private, che ho incontrato, come volessero dire: “ma perchè esiste altro al di fuori della risposta ai bisogni individuali? Ma non si era detto: “non foste fatti per vivere come bruti, ma di virtude o conoscenza” oppure “non si vive di solo pane”? Anche perché, se viviamo per produrre “solo pane”, tutti noi, a diversi livelli, ognuno nel proprio ambito, rischiamo di diventare come tante Marie Antonietta: “il popolo non ha pane? Diamo loro delle brioches” (alias: la spariamo più grossa nel promettere risposte ai bisogni individuali) che poi non lo ha neanche detto.

Non so se la risposta sia quella di tornare indietro, con una società politica di parte, quella delle ideologie, sempre a rischio di diventare totalitarie e che nelle cronache odierne del nostro paese risultano divisive, che genera e convoglia violenze finalmente verso un nemico vicino, che ha un volto così da giustificare, poi, la classica repressione in nome di ordine e giustizia. È un controprogetto, rispetto alla modernità digitale egemonica. Se così fosse, seguendo la metafora, qualcuno potrebbe trovarsi, come la famosa Maria Antonietta, senza la testa (ad avercela, una testa) e, senza per giunta, sapere perché, mormorando tra sé e sé: “ma non volevamo tutti il bene del nostro popolo? Non li abbiamo nutriti di tante brioches”. Mentre in un ciclo continuo il sangue torna a scorrere tra le isole di società digitali. Oppure sempre per continuare con la similitudine, potremmo rimanere nel letto, come Maria Antonietta e morire di freddo, perché nessuno ci ha detto che possiamo vestirci anche senza valletto. Tradotto: possiamo sprofondare in una vita senza senso, perché nessuno ci ha detto che possiamo fare a meno della tecnologia, diventata parte dell’umanità senza che ce ne accorgessimo.

Potremmo dire anche in questo caso metaforico, come nel caso della guerra: tutte le prigioni e le oligarchie o le egemonie sono uguali? Così come soccombiamo a questa (quella digitale occidentale), così possiamo soccombere a quella (oligarchica putiniana), a maggior ragione se riguarda altri da noi. Ma forse, possiamo abbracciare questo mettere sullo stesso piano le diverse egemonie in nome di una pace?

Ci sono persone (amo e rispetto profondamente una di queste) che parlano di pace a costo di cedere un po’ di sovranità su parte del territorio ucraino, dimostrando, a mio avviso coraggio e sincerità, perché non nascondono le conseguenze di una pace a tutti i costi. Ma la differenza la fa, soprattutto immaginando il destinatario del messaggio. Se il messaggio è rivolto agli ucraini, anzi agli abitanti ucraini del Donbass, a cui si raccomanda di cedere alle pretese dell’aggressore per salvare la vita degli altri fratelli ucraini e fregarsene di mettere a rischio poi la visione libertaria di italiani, che tanto, in fondo in fondo, non pagheranno molto per voi oppure se il messaggio è destinato ad intellettuali e politici del nostro paese. Perché, in questo caso, si trasformerebbe in un consiglio a far pressioni, di fatto, violente, nell’obbligare l’altro ad accettare la perdita della propria sovranità.

Dando per scontato, ovviamente, di dare prima il messaggio agli aggressori di smettere di uccidere e stuprare. E andrebbe bene anche così … tanto siamo tutti patrioti, per quanto certamente ognuno della sua (patria).

 

(18 ottobre 2022)

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