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L’8 aprile ricade la Giornata internazionale dei rom o Giornata internazionale dei rom, sinti e camminanti

di Silvia Morganti

L’8 aprile ricade la Giornata internazionale dei rom o Giornata internazionale dei rom, sinti e camminanti ed è una ricorrenza annuale per celebrare la cultura rom e sensibilizzare l’opinione pubblica, contrastare la discriminazione e favorirne l’inclusione.

La prima Giornata internazionale si tenne a Londra l’8 aprile 1971, per ricordare il primo congresso mondiale della popolazione Rom, adottando la denominazione rom (uomo) per designare la nazione romanì, che abbraccia i popoli Manouches, Kalderash, Lovara, Romanìchéls, Vlax, Domari, Nawar, Làutari e molti altri. In questa occasione si formò la Romani Union (prima associazione mondiale dei rom) riconosciuta nel 1979 dall’Onu e rappresentata da una bandiera che raffigura una ruota rossa su uno sfondo blu e verde (colori che rappresentano il paradiso e la terra), la ruota con 16 raggi simboleggia, invece, lo spirito errante dei Rom.

Secondo l’Agenzia dell’Unione europea per i diritti fondamentali i Rom costituiscono la minoranza etnica più diffusa. Infatti in Europa sono circa 12 milioni e in Italia tra i 130 e i 180 mila, ma la stima non è precisa perché il nostro paese non dispone di strumenti giuridici per definire in maniera esatta il numero di persone ascrivibili alle comunità rom e nemmeno intende dotarsene.

Sono un popolo di cui quasi nessuno sa niente, ma su cui tutti hanno un’opinione, quasi sempre negativa e pregiudizievole. L’attenzione mediatica è sempre all’erta alimentando e accontentando il malcontento popolare. Terminato il 2022 con le proteste dei residenti di accampamenti rom in varie zone di Milano, nel 2023 dilaga il problema delle borseggiatrici in metro. L’indignazione scaturisce dall’attuazione di una narrazione che le porta ad essere addirittura protagoniste del piccolo schermo.

Facciamo un passo indietro. I cittadini di Milano, frustrati dalla mancanza di protezione sui mezzi pubblici dove regolarmente vengono derubati da giovani borseggiatrici nomadi, cominciano a documentare colpa e colpevole tramite registrazioni effettuate con gli smartphone. I video si moltiplicano e nascono anche pagine social che, con foto e video, denunciano la presenza delle borseggiatrici sui mezzi pubblici e mettono in guardia i passeggeri da possibili furti. L’opinione pubblica è ormai concorde. Vanno fermate. Stampa e tv non possono esimersi da tale domanda così cominciano a produrre articoli di giornale e servizi televisivi. In una intervista del Corriere della Sera Anna confessa: “Guadagno fino a mille euro al giorno. Vado sette giorni su sette, dalla mattina alla sera sulla linea tra Duomo e Centrale. Un lavoro? Per me è troppo tardi. Il carcere? Non rischio nulla”.

Rincara la dose Valerio Staffelli: “La cosa peggiore è che ormai lo sanno anche loro che non succederà niente, che non possono essere arrestate. Allora rieccole sui mezzi pubblici. Altro giro, altro bottino.”

A far sentire ancora più soli i residenti milanesi si aggiunge la dichiarazione della consigliera comunale di Milano, Monica Romano (PD) che afferma “Filmare persone sorprese a rubare sui mezzi pubblici, diffondendo poi i video sui social, è un’operazione violenta, non di senso civico”. La polemica si amplia, l’opinione pubblica si spacca e in tv cominciano ad aumentare i dibattiti sulla legittimità dei filmati. E il 23 marzo viene messa la ciliegina sulla torta. Le “famose” borseggiatrici della metro di Milano vengono intervistate negli studi di “Dritto e Rovescio” ed ammettono “Rubare è il nostro lavoro”. L’Italia tutta sente che la situazione sta sfuggendo di mano. Commetti reati e non solo non vieni punito, ma vieni premiato con una ospitata negli studi televisivi di Rete 4.

L’Italia tutta, perché la situazione milanese non rappresenta una condizione isolata, ma al momento la capofila. Infatti in molte altre città d’Italia si riscontrano circostanze analoghe, che si trascinano da anni e non vengono mai risolte.

Le istituzioni nulla fanno e nulla possono. Lasciando cadere accuse, proteste e necessità dei residenti. Delegando la sicurezza e la giustizia al singolo. E questa mancanza di premura nei confronti dei cittadini non fa altro che alimentare un clima d’odio e persecuzione nei confronti di questa minoranza etnica e linguistica che in Italia non è riconosciuta. E che non si vuole riconoscere o conoscere.

Dalla sua, lo stile di vita Rom, restìo all’assimilazione e volto alla conservazione di tradizioni e abitudini, alimenta la marginalizzazione e i pregiudizi. Le disuguaglianze con la sfera pubblica appaiono incolmabili e il disagio sociale aumenta. Le autorità e il governo continuano a dimostrare una profonda incapacità di gestione di questa popolazione e la mancanza di un piano nazionale. L’integrazione appare come una missione impossibile, una utopia. Probabilmente e semplicemente dipende solo da un fattore culturale. Bisogna solo accettare che non siamo popolazioni culturalmente compatibili. Forse. Di certo è che questo frastuono sta silenziando altro e fra qualche giorno si passerà a parlare di qualcosa di diverso. E di nuovo caso chiuso. Irrisolto.

 

(5 aprile 2023)

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