di Silvia Montagnani
Selvaggia Lucarelli e Giovanna Pedretti, tanto per fare due nomi a case, entrambe sottoposte alla Gogna. Che termine. La gogna si usava nel medioevo, si appendeva una persona alla gogna e si esponeva in piazza. Di solito con accanto un cartello indicante il tipo di reato. Tra i crimini legati al mondo femminile c’era quello del pettegolezzo. La società al maschile ha sempre amato le donne (certo assai meno di quanto ami praticare l’orribile vizio dei greci nei cespugli e nottetempo).
Viviamo in un’epoca moderna e aperta in cui abbiamo libertà (e la stiamo buttando via).
Art. 21 Costituzione Italiana: “Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione…”. Articolo applicabile a tutti fuorché agli altri, sembrerebbe, ma è un dettaglio.
C’è una struttura sociale che sta tra la legge e le persone. Si chiama buon senso. Buono perché dovrebbe dettare delle norme di comportamento che non ledono il diritto di muoversi nella vita. Queste regole comportamentali si esprimono nella vita quotidiana attraverso il sentire di ognuno di noi. Ma la struttura sociale oggi si muove sul cattivo senso, sul pettegolezzo. Attraverso i social in particolare, ognuno ben riparato e nascosto dietro quello che vogliamo/non vogliamo il mondo veda di noi, viene scaricata tutta la frustrazione e cattiveria che abbiamo in corpo. Oggi il genere umano vive una vita costruita sul sistema consumistico in cui esso stesso è il prodotto. Nell’essere “prodotto” evolviamo come anello della catena di montaggio del consumismo, dove niente ci appartiene.
E cosa ci fa bene? Tutto quello che può essere pagato.
Mi faccio una coccola se vado a fare aperitivo e magari nel posto più figo della città, mi faccio un selfie così posso anche dire di esserci stato e di essere quel “prodotto” perfettamente allineato al consumismo. Mi faccio una coccola se mi compro le ciabatte di plastica con il pelo e ci faccio un selfie. Mi faccio una coccola se compro la cena attaccata ad un tubo di ferro a 25 mt di altezza, faccio un selfie e mi sento felice.
Sono felice davvero?
Tutto questo non ha niente a che vedere con lo stare bene. Si sta bene quando la nostra mente può permettere di spegnersi. Le cose gratuite non ci fanno bene. Passeggiar diventa una cosa da perdenti. Passare una serata occhi negli occhi con il proprio gatto nel letto, pure. Chiacchierare con un’amica al parco diventa chissà cos’avranno mai da dirsi. Per sviluppare creatività ci si deve annoiare. Per annoiarsi però dobbiamo riallinearci al nostro sentire. Ricordarci che non siamo prodotto, ma essere viventi pensanti.
Detto questo dove nasce il cattivo senso? Nasce da quel non essere più in grado di essere presenti nella vita, ma in quanto essere viventi la nostra coscienza ci dice che qualcosa non funziona e non riuscendo a creare il pensiero scarichiamo la rabbia e la frustrazione in tutto quello che “sembra” non appropriato. Quello che non è appropriato poi ha sempre a che vedere con qualcuno o qualcosa che non sta nell’IO “prodotto”. Quindi tutto quello che è diverso e non “appartenente”. Si torna sempre li.
Tutto è utile se usato con buonsenso. La condivisione, sia sui social che nella vita, ha valore se la relazione è Io e te, pari in un 50 per cento. Diversamente si tratta di sopraffazione se l’IO è più grande del te; quindi, se oscura parte del te e viceversa. Ancora di più c’è l’io e l’ambiente inteso come elementi esterni che intervengono. In questa terza struttura l’io originario diventa molto piccolo perché oscurato da tutti gli elementi esterni. E E E E E io E E E E E.
Nella corsa ad essere “prodotto”, perché tutti noi lo siamo, i miei occhi cadono sui propositi di Virginia Wolf del 1932 che stanno scritti nel suo diario:
“Ecco i miei propositi per i prossimi 3 mesi; il prossimo giro dell’anno.
Non averne nessuno. Non essere legata.
Essere libera e gentile con me stessa, non andare alle feste: sedersi piuttosto a leggere in studio.
Fare un buon lavoro di The Waves. Fermare l’irritazione perché nulla vale irritazione.
Leggere ma anche non leggere.
Uscire sì-ma stare anche a casa.
Per quanto riguarda i vestiti, comprarne di buoni”.
(28 gennaio 2024)
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